martedì 17 luglio 2007

La Lettera Di Giovanni

Avrei voluto stringerti, domenica scorsa, tra le mie braccia... Però non hai voluto, mi chiedo il perchè. Eppure qualche tempo fa ci siamo rivisti e tu eri in moto con me, ed eri in moto per me, appoggiavi dolcemente la tua testolina sulla mia spalla e stringevi dolcemente la mia abbondante pancia tra le tue braccia. Ed adesso? Perchè sei risparita?
La mia non è mai stata una vita nè particolarmente complicata, nè particolarmente semplice, sono uno dei tanti nati nel 1982, forse un pò meno anonimo degli altri, per via di tutte le mie stramberie, ma di sicuro non uno che spicca particolarmente sugli altri per qualcosa di utile o perchè sappia fare qualcosa in modo migliore. Uno di quelli che sono passati attraverso l'allegria futile, barocca e perversa degli anni 80 e che ha vissuto intensamente quegli aridi e disperati anni 90, quel piattume d'eventi, quel cambiamento del quale ora non ci rendiamo più conto: quegli anni che ci hanno cambiato la vita, in quella crisi di schemi e di vecchie idee, in quella volatilità della vita stessa, in quel fluire di nuovi mondi possibili. Ma poi alla fine ricordiamo la tv, le feste e l'allegria di quei tremendi 80, forse più per la nostra perduta innocenza che per altro...
Tu mi sei sembrata così, sin dal primo momento, solare, sorniona, accattivante: quasi fossi un veglione di capodanno dell'86, o dell'85 quando la fininvest faceva quegli spettacoli squallidissimi con le sue stelle invitate ad un cenone allestito in uno studio, totalmente spoglio, se non per qualche tavolo e qualche drappeggio sbrilluccicante. una cosa improvvisata, grezza, fanciullesca, ma di carattere, quasi fossi realmente quella vita da sogno che le stelle televisive cercavano malamente di farci intravedere. Per carità, ora potreti pensare che penso che tu sia un carro di carnevale, ma non è così diamine, non è così. Mi piaci, ed io sono sicuro di piacere a te solo che... Solo che quegli inutili teloni sbrilluccicanti mi hanno rivestito di una terribile ignomia: Amico. Non lo sono, non lo sono stato, non lo sarò mai.
In effetti tu sei un pò come quegli anni... Condizionati da un'estetica estrema ed individualista, in un concetto di bellezza senza tempo che semplicemente non esiste. E come quegli anni sei fatta di bugie e ti piace essere presa in giro, ignorando le tue paure, le tue aspettative, troppo intenta a farti travolgere dalla vita vissuta anzichè viverla davvero.
Ed io sto qui, in un angolo, un moderno zerbino, un degno erede dell'alienazione dei 90, un piccolo Creep Radiotesta. Si, era una citazione, non so se l'hai capita. Io sono qui, dicevo, e ti aspetto, e sarei disposto a fare qualunque cosa per te, a rispettarti ad amarti, a fare tutto ciò per il quale tu probabilmente mai mi amerai. Ti piacciono gli uomini belli, gli uomini muscolosi, sogni un mondo di bellezza. Ma questo mondo è tenebra e violenza o almeno sempre così l'ho sempre vissuto, e solo la dolcezza degli animi potrà salvarci dalla dannazione eterna delle nostre menti, convulse in nevrosi asfissianti. Ma la dolcezza non è più cosa del mondo, è debolezza, è infantilità, è amicizia. Dov'è finita la dolcezza?
Vorrei morire d'overdose di dolcezza e perdermi in un universo di morbido nulla pensando al dolce momento della mia fine, magari tra le tue braccia. Sarebbe il massimo... E così sono un melenso figlio di fine '800 un alieno fuori dal tempo, un Don Chisciotte, una persona innamorata. Si curamente egocentrico, ma che ci vuoi fare?
Ripenso troppo spesso alla tua pelle chiara, ai tuoi capelli biondo-cenere, ai tuoi occhi che sanno di fresco e castagne, alle tue labbra carnose, a quella sottilissima peluria bionda che ti copre un pò la faccia. Sento il sapore delle tue labbra, di sfuggita, sento, la carezza del tuo sguardo e la dolcezza della tua pelle, sento il tocco flebile del tuo seno, sulla mia schiena, sul mio petto, il tocco delicato dele tue mani... Sento il tuo cuore palpitarmi vicino ed il tuo cervello ronzare. E sento anche che non riesco ad esserti abbastanza vicino in quell'attimo in cuiti sento inesorabilmente allontanarti, mentre il freddo ronzio emette il suo ultimo silenzioso vagito decisorio...
Eppure sei ancora qui, ti chiamo e mi rispondi, ti cerco e ti fai trovare, mi dici di no a parole, ma sento che il cuore urla si a squarciagola... Cosa vuoi da me? Non posso offrirti più di quello che ho, che non sono altro che le mie ossa, la mia carne, il mio sangue... Niente di più. Neanche le idee che ho in testa sono più che soggezioni retoriche ispirate da mille letture ed ancor più seghe mentali. Ecco cos'altro poso offrirti: la mia onesta ed il mio rispetto. Null'altro...
Chiara, per questo ti ho scritto questa stupida e malinconica lettera, Giovanni.

mercoledì 13 giugno 2007

La Storia di Chiara

Chiara non era bella, non possedeva alcun tipo di fascino. Era un dato di fatto, non stupide supposizioni, inutili pensieri nati dai momenti di tristezza e sbattimento, era semplicemente la realtà dei fatti: le bastava ripensare ai tempi delle medie, di come la sua vita pareva uguale a "Tapparella" di Elio e le Storie Tese, a quando, durante canzoni come "I Don't Want To Miss A Thing", si ritrovava sola, in disparte, in compagnia di altri cessi come lei. Dio solo sa quanto ha odiato quella canzone.
La gioventù, si sa, è tempo di stupidaggini e di sofferenze, così la nostra piccola Chiara non trovò altro da fare, data la sua scarsa capacità intellettuale e la sua bruttezza fisica, che coltivare quelle poche passioni che aveva, i fumetti, la musica ed il calcio. Ciò le donò delle muscolose braccia (suonava la batteria nei "
Black Revolver", la band che aveva fondato con gli amici Rocco e Paolo, in parole povere tre sfigati nerd che avevano la presunzione di emulare i Nirvana) e delle ancor più muscolose gambe, oltre ad un ricco vocabolario di parole straniere ed incomprensibili. Per quanto riguarda il lato dei fumetti c'è chi dice che Masakazu Katsura abbia dato ai giovani un sogno, abbia regalato una speranza; per Chiara quella speranza si trasformò dapprima in un incubo, poi in una sconcertante delusione.
Così passò la prima e la seconda superiore a cercare l'amore perfetto, ad allenarsi alla batteria ed a giocare a calcio, in terza decise di accontentarsi di un amore vero, che però troppo tardi si rese conto esserle non di conforto, come se fosse irreale, certamente non come lei aveva desiderato. Alla fine del terzo anno lasciò il suo ragazzo e dopo qualche tempo pure la band, così da divenire al quarto anno un tutt'uno col suo amato pallone da calcio, che prontamente abbandonò al quinto, diceva, perchè convinta le deformasse le gambe, rendendo i suoi polpacci enormi, facendola apparie ancora più brutta; anche se i più cattivi dicevano che avesse mollato in seguito ad una cocente sconfitta della sua squadra. Così si ritrovò al quinto anno senza più interessi, senza uno straccio di ragazzo, senza gli amici della band che aveva abbandonato con un enorme senso di inadeguatezza e di solitudine, ed in più col fardello degli esami alle porte. Si, in parole povere era una normalissima adolescente, e come tutte le ragazze disilluse della sua età finì per iniziare in tutti i modi a far fiorire il suo
brutto corpo fasciandolo di vestiti audaci, pittandosi il volto e facendo ogni sorta di piedimanifacciacure ammorbandosi di cerette, creme, smalti e quant'altro convogliando quel suo spirito salutista da giocatrice provetta in un'opposta ricerca di autodistruzione alcolica. Eppure... Eppure forse quell'agghindarsi era servito a qualcosa, i bei ragazzi, i ragazzi che le piacevano finalmente avevano iniziato a lanciarle qualche sguardo amoroso, qualche occhiata maliziosa e iniziarono i primi flirt...
Si, in quinta Chiara non suonava più nella band, non giocava più a calcio e si accontentava di qualunque quarto di bue (ma anche di fettine, petti di pollo o quant'altro) potesse capitarle, consolata da un buon boccale di birra quando poi la carne svaniva e lei del lauto pasto sentiva solo un gran vuoto... Per carità col suo ragazzo del terzo anno aveva già fatto tutto, e si era pure trovata bene all'epoca, non viveva la situazione da vittima, era una donna matura e se ciò che le capitava era solo sesso occasionale era comunque qualcosa di piacevole! Anzi probabilmente era meglio in quel modo, così poteva essere pronta per il suo vero amore, poteva cercarlo pian piano conoscendo nuovi ragazzi, d'altronde se ti rinchiudi in te stessa, se non conosci gente e non ti concedi agli uomini che ti piacciono dove credi di arrivare al giorno d'oggi? Che manco fai in tempo ad acchiapparlo che già arriva la prima troietta di turno ad aprire le gambe e portartelo via...
Chiara a quei tempi trovava la felicità nelle piccole cose, come ad esempio quando Marco le regalò quel piccolo ciondolo, alcuni giorni dopo che l'avevano fatto per la prima volta, e poco prima che lo rifacessero nella sua candida Yaris blu; non sapeva che fine avesse fatto, ricorda solo che dopo un paio di volte che si erano "rivisti" le mandò un'altro mazzo di fiori, per poi non più farsi sentire...
Carlo invece le aveva regalato un ciondolo a forma di sole le era sembrato un ragazzo così dolce, finchè non vide quante altre ragazze avevano un ciondolo come il suo.
Poi c'è pure stato quello stupido di Giovanni. Ah, per lui la storia è lunga... Era un amico del fidanzato di Vera, una sua cara amica che faceva parte di un'associazione giovanile nella quale misteriosamente pian piano riuscì a coinvolgere tutte le sue amicizie e quindi anche Chiara stessa. Chiara non apprezzò Giovanni quando lo conobbe, era cicciottello, aveva poco rispetto per se, era un nerd verginello ed ansioso, non aveva alcun tipo di charme ed era troppo esaurito per poter destare qualunque tipo di attenzione. E perdipiù era molto attratto da lei, cosa che lo rendeva ancor più insopportabile, anche perchè non faceva mistero di questa attrazione decantandola a destra ed a manca, chiedendole il numero innumerevoli volte, cercando sempre un pretesto per avvicinarla, poi per fortuna arrivò la maturità, l'estate, il viaggio a Mikonos con le amiche e l'università, dove si mise con Nicola, un bel biondo che pareva apprezzare quelle sue gambe sode seppur un pò tozze. Erano sempre assieme, nuovi amici, nuovi giri, nuove esperienze. Durò sei mesi, poi finì ed assieme all'amore Chiara sentì scomparire dal suo corpo pure la vita. I suoi genitori le chiesero mille volte cosa le fosse successo ma lei non aveva il coraggio di spiegar loro di Nicola, di come era rimasta incinta, di come avesse dovuto abortire nel silenzio e di come lui per tutta risposta fosse uscito velocemente dalla sua vita. Rimase ferma un intero anno per gli studi, ma almeno in quel periodo trovò la forza di andare grazie alle vecchie amicizie, ritornando a frequentare l'associazione e ritrovandosi nuovamente quel beota davanti agli occhi...